7 Settembre 2014
LE "STRADE ACCIDENTATE"
DI RENATO CHISSO
Vediamo alcune delle sue ultime tappe
tratte dalla cronaca...
Renato Chisso se non è un uomo finito poco ci manca, ha compiuto i suoi 60 anni in carcere ed è diventato nonno per la seconda volta sempre in carcere, dove le sue condizioni di salute ora stanno diventando preoccupanti, può vedere solo la moglie e naturalmente gli avvocati…
Se Chisso è ancora dietro le sbarre di una cella, e se le richieste di scarcerazione sono state respinte, dei motivi più che validi ci devono pur essere, e visto il “peso politico” dell’accusato, diventa logico pensare che ci siano delle prove schiaccianti nei suoi confronti, di quelle che non lasciano dubbi, stessa cosa per Giancarlo Galan…
Quello che mi stupisce adesso sono gli accrediti dei loro lauti stipendi, che continuano comunque a percepire, anche se in misura ridotta, sono comunque sempre tanti soldi, e mi fa sorridere non poco apprendere che nel conto corrente di Renato Chisso ci fossero soltanto 1500 euro (?!), e poi cosa pensare della "misericordiosa colletta" organizzata dagli amici per la sua famiglia? Da rimanere a bocca aperta... (clicca qui)
Poi ci sarebbero molte cose da dire sulle vere pene (pesantissime) che andrebbero date in questi casi una volta accertato definitivamente la loro colpevolezza, ma si rischia di andare in “prescrizione”, e allora ho voluto fare un “riassuntino” su Renato Chisso, con alcuni degli ultimi articoli di stampa (vedi Pdf) che illustrano alcune tappe del suo accidentato percorso, di cui ancora non si conosce la destinazione finale...
G.B.
"Chisso rischia di morire in carcere"
Drammatica telefonata dalla cella:
"Della mia salute
non interessa più niente a nessuno"
«Ho capito che della mia salute non interessa niente a nessuno.
E a questo punto non interessa più nemmeno a me».
Si è conclusa così, in modo secco e sconsolato, la telefonata che ieri Renato Chisso ha fatto dal carcere di Pisa al suo avvocato difensore, Antonio Forza. Del resto l’ex assessore regionale ha letto per telefono al suo legale i risultati della scintigrafia cardiaca alla quale era stato sottoposto nei giorni scorsi, che non lasciano più dubbi: Chisso è in pericolo di vita. «La scintigrafia - spiega Forza - è pessima, peggio di quel che mi aspettavo.
Si tratta di un esame che è stato richiesto proprio perchè le condizioni di Chisso stavano peggiorando ed è uno dei pochi esami in grado di misurare esattamente come sta il cuore.»
Per la scintigrafia cardiaca si utilizza una sostanza radioattiva che si fissa bene sul muscolo cardiaco solo se le arterie coronariche (quelle che portano il sangue al cuore) assicurano una perfusione corretta - cioè un pompaggio sufficiente di sangue e quindi di ossigeno - del muscolo. Quando il miocardio presenta una zona colpita - toccata dall'infarto - il prodotto radioattivo non si fissa e segnala il vuoto. La scintigrafia cardiaca dunque dà indicazioni esatte sulla dinamica cardiaca e quindi sul funzionamento del muscolo cardiaco. Ebbene, la scintigrafia fatta da Chisso dice chiaramente che una arteria - quella che aveva portato all’infarto di qualche mese fa - si è chiusa e che non c’è più perfusione e cioè irrorazione di sangue e quindi di ossigeno in alcune parti del cuore e quindi del cervello.
«Chisso è a rischio ischemia. Un rischio concretissimo» - dice Antonio Forza il quale è preoccupato per le condizioni di salute dell’ex assessore, ma ancor di più per la caduta di tono psicologico di Chisso, che di giorno in giorno è sempre più depresso. «La frase con la quale ha concluso la telefonata mi ha preoccupato più di ogni altra cosa.
Quando uno dice che non gli interessa più la sua salute, vuol dire che potrebbe anche fare una sciocchezza come non prendere più i farmaci. Spero di no, ma il tempo passa e io non vedo che sia tenuta nella dovuta considerazione la condizione di salute del mio assistito.» Che sembra abbandonato anche dagli ex compagni di partito. L’unico che si è fatto vivo è Gianfranco Bettin il quale, tra parentesi, appartiene ad una forza politica che si è sempre opposta al Mose e che di sicuro non ha mai visto di buon occhio nessuna delle grandi opere sponsorizzate da Chisso. Eppure l’ex assessore all’Ambiente del Comune di Venezia ha preso carta e penna per far sapere che «alla luce delle risultanze mediche, risulta evidente che Renato Chisso va curato all’esterno del carcere.
La magistratura veneziana, che ha il merito storico di aver scoperchiato uno scandaloso sistema politico-affaristico sul quale i processi faranno chiarezza definitiva, sa benissimo cosa deve fare e ci si può affidare ad essa con fiducia. Ma è evidente che le condizioni di detenzione in cui da mesi Chisso è ristretto rappresentano un’aggravante pesantissima a una situazione clinica che era già critica prima del suo arresto - solo pochi mesi prima era stato salvato in extremis dopo un infarto. Seguo da molti anni la situazione delle carceri e anche sulla base di questa esperienza vorrei aggiungere la mia voce a quella dell’avvocato Forza e dei parenti e degli amici per segnalare l’opportunità che Renato Chisso possa lasciare il carcere per potersi curare adeguatamente e con il conforto della famiglia».
Chisso è in carcere da 4 giugno, ma dopo un periodo passato a studiare le carte e a prepararsi alla battaglia giudiziaria, si è lasciato vincere dallo sconforto. E il suicidio in carcere, domenica scorsa, di un cecoslovacco che aveva conosciuto e del quale era diventato amico, sembra avergli dato un ulteriore colpo. Maurizio Dianese
(Fonte: Gazzettino di Venezia - 06.09.2014)
Renato Chisso, sessant’anni compiuti in carcere
La moglie Geri: «Spero lo liberino presto».
L’ex assessore, recluso a Pisa,
sta per diventare nonno per la seconda volta
di Daniele Ferrazza
VENEZIA. La piccola Eva - tre anni - ha disegnato con i pennarelli una grande torta, scegliendo con cura i suoi colori preferiti: rosa e blu. Sopra, un po’ sbilenche, ha aggiunto tante candeline gialle stilizzate. Il nonno, Renato Chisso, ha compiuto ieri sessant’anni nel carcere di Pisa dove si trova dal 4 giugno scorso, accusato di corruzione e concussione nell’ambito dell’inchiesta sul Mose di Venezia. A consegnargli il disegno della piccola nipotina la moglie Geri Saccardo, che ieri pomeriggio ha incontrato il marito per poco meno di due ore.
Come sta suo marito?
«L’ho trovato evidentemente abbacchiato, un po’ più del solito: compiere gli anni in quella situazione non è piacevole per nessuno».
Di cosa parlate durante i vostri colloqui?
«Parliamo della nostra famiglia, di nostra figlia Silvia, della nipotina Eva, di quella che sta per arrivare».
Vostra figlia aspetta un bambino?
«Sì, una bambina. Il termine è scaduto giusto domenica e aspettiamo di ora in ora. Speravo di portargli la notizia della nascita, ma ancora non è successo».
Suo marito che cosa le ha detto?
«Mi chiede come stiamo noi, come sta la nipotina a cui è molto legato. Lei continua a chiedere del nonno Renato».
E voi cosa le avete raccontato?
«Che è via per lavoro. Tengo ogni pomeriggio la bambina e di solito Renato stava insieme a noi, quando era libero da impegni. Adesso da quasi due mesi non lo vede e inizia a chiedere con sempre maggiore insistenza».
Così le ha fatto fare un disegno.
«L’altra sera le ho detto: fai un disegno che domani lo porto al nonno. E lei ha disegnato una grande torta con le candeline gialle. Quando Renato l’ha visto si è commosso e lo ha preso in mano».
Quante volte può vedere suo marito in carcere?
«Sei ore al mese. Nelle settimane scorse io avevo equivocato sul regolamento: perché mi chiedono sempre all’entrata se voglio stare un’ora o due e io naturalmente ho sempre detto due ore. Ma il regolamento parla di sei ore, non di sei visite. Per fortuna gli avvocati hanno chiesto una deroga e me l’hanno concessa».
Sua figlia è mai venuta con lei?
«No, posso vederlo solo io e naturalmente gli avvocati. E poi lei ora ha il pancione quindi affrontare un viaggio di 370 chilometri di andata ed altrettanti di ritorno non è molto indicato. Con Silvia si scrivono».
Lettere?
«Sì, possono scriversi e so che lo hanno fatto con una certa frequenza. E’ l’unico contatto».
Dove vi incontrate in carcere?
«Noi ci vediamo sempre in un salone, una specie di refettorio dedicato ai colloqui. Lui sta in una cella con due giovani africani della Tanzania, credo accusati di reati di droga».
Ha una branda?
«Mi ha descritto la cella: c’è un letto a castello e una branda molto spartana. Dopo i primi tre giorni in isolamento, i due africani gli hanno concesso la branda perché era il più anziano».
Legge?
«Gli ho portato un libro di Giampaolo Pansa ed altri due, ma mi sembra che abbia sempre meno voglia. Si è impegnato a leggere gli atti dell’accusa e poi a scrivere il memoriale».
I giudici lo hanno mai ascoltato?
«Mai. A parte l’interrogatorio di garanzia, gestito da un magistrato di Pisa, non ha avuto alcun colloquio con i magistrati di Venezia».
Quante volte può uscire all’aria aperta?
«Un’ora al mattino ed un’ora al pomeriggio, in un cortile interno dove batte il sole a picco. Lui ha bisogno di camminare, ma deve stare attento con i problemi di cuore che ha avuto e non stare troppo esposto al sole. Cerca di camminare evitando le ore più assolate. Spero che lo liberino per il nostro anniversario: a settembre facciamo 39 anni di matrimonio».
(Fonte: il Mattino di Padova - 29.08.2014)
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